Cariotipo Molecolare (Microarray)

L’approccio tradizionale nella diagnosi prenatale di anomalie cromosomiche comporta la messa in coltura di cellule fetali ricavate da prelievi di liquido amniotico e la determinazione del cariotipo tramite l’analisi al microscopio dei cromosomi in metafase. Benchè tale analisi sia abbastanza accurata, le colture cellulari impongono lunghi tempi di attesa che si aggirano intorno ai 15-20 giorni. Il cariotipo tradizionale, inoltre, non garantisce che il feto sia esente da malattie genetiche o alterazioni cromosomiche (delezioni o duplicazioni) di piccole dimensioni. Infatti, questo tipo di esame fornisce informazioni solo sulle principali anomalie cromosomiche (a esempio la trisomia 21, o Sindrome di Down, le trisomie 18 e 13, la monosomia X, o Sindrome di Turner) attraverso la determinazione dell’intero assetto cromosomico fetale. Con il cariotipo tradizionale si indaga essenzialmente su quelle forme patologiche che interessano il numero e l’aspetto grossolano dei cromosomi. Nulla si potrà sapere su piccole alterazioni dei cromosomi (che sono un numero elevatissimo, anche se piuttosto rare) o sulla conformazione dei geni che sono contenuti all’interno dei cromosomi. Lo studio del cariotipo fetale, a differenza dell’amniocentesi rapida con la tecnica QF-PCR, presenta un’ importanza diagnostica elevatissima perché evidenzia le anomalie cromosomiche più severe e frequenti (a esempio le trisomie) a carico di tutti i cromosomi, tuttavia, a causa dei limiti di risoluzione della tecnica, piccoli riarrangiamenti cromosomici potrebbero non essere facilmente evidenziabili. Con il cariotipo tradizionale, infatti, si riesce a evidenziare solo le anomalie strutturali più grandi di 10-15 Mb. Grazie ai recenti progressi della citogenetica molecolare, è possibile esaminare i cromosomi in maniera più approfondita e accurata, utilizzando il cosiddetto Cariotipo Molecolare, procedura diagnostica che impiega una tecnica molecolare innovativa conosciuta come array-CGH.

Risultati in soli 3 giorni
Essendo una tecnica molecolare, che non necessita di coltura cellulare, con il Cariotipo Molecolare è possibile ottenere un’analisi cromosomica approfondita in soli 2-3 giorni, a differenza dei 15-20 giorni necessari con la tecnica tradizionale, riducendo al minimo i tempi di attesa dei risultati.
Un vantaggio non trascurabile che consente di:

  • Escludere una patologia cromosomica entro pochi giorni dal prelievo;
  • Ridurre l’ansietà della gestante;
  • Gestire in largo anticipo un’eventuale intervento terapeutico, in caso di risultato patologico.

Esame approfondito dei cromosomi
Rispetto all’esame citogenetico tradizionale, l’analisi molecolare dei cromosomi ha una risoluzione molto più elevata (~100 volte). Ciò consente di identificare alcune patologie derivanti da alterazioni cromosomiche submicroscopiche (microdelezioni e le micro duplicazioni), non evidenziabili tramite il cariotipo tradizionale, aumentando sensibilmente l’accuratezza dell’esame.
Il cariotipo molecolare, infatti, consente di effettuare rapidamente non solo lo studio dell’assetto cromosomico fetale, ma anche di un gruppo di 100 patologie causate da microdelezione / microduplicazione cromosomica (es. Sindrome di DiGeorge, la Sindrome di Williams, la Sindrome di Praeder-Willi/Angelman) ed oltre 150 geni.

Tra le sindromici da microdelezione/ microduplicazione investigate le più note e importanti sono:
  • Sindrome di Prader-Willi/ Angelman: queste due sindromi coinvolgono lo stesso tratto cromosomico (regione critica 15q11.2-q13), ma presentano manifestazioni differenti a seconda se il cromosoma interessato è di origine materna o paterna. La sindrome di Prader-Willi è una condizione caratterizzata principalmente da bassa statura, obesità, ipotonia muscolare, alterazioni endocrinologiche, dismorfismi del volto e ritardo di sviluppo psicomotorio. La malattia colpisce 1/25.000 nati. La sindrome di Angelman è una malattia neurologica caratterizzata da grave ritardo mentale e dismorfismi facciali caratteristici. La sua prevalenza è stimata tra 1/10.000 e 1/20.000.
  • Sindrome di Charcot-Marie-Tooth: è una neuropatia periferica ereditaria, la cui prevalenza è stimata 1/2500. E’ caratterizzata da atrofia muscolare e neuropatia sensitiva progressiva che colpisce le estremità degli arti, spesso associata a piedi cavi. Generalmente esordisce prima dei 20 anni e colpisce inizialmente gli arti inferiori. L’evoluzione è cronica e lentamente progressiva. Può essere trasmessa con tutti i modelli ereditari mendeliani. La trasmissione dominante è la più diffusa in Europa. Sono note tre forme: demielinizzante (CMT1), dominante legata all’X (CMTX1) e neuronale (CMT2). Alcuni geni sono noti solo per le prime due forme, CMT1 e CMTX1. Attualmente, la diagnosi presintomatica può essere quindi presa in esame soltanto relativamente a queste due forme. Non esiste nessuna terapia risolutiva; in compenso è necessario adottare misure preventive: chinesiterapia, uso di stecche, chirurgia ortopedica e vari ausili tecnici.
  • Sindrome Cri-du-chat: è una malattia cromosomica dovuta alla delezione di una porzione variabile del braccio corto del cromosoma 5 (5p-). I segni clinici principali comprendono il pianto acuto monotono (da cui origina il nome della sindrome del ‘miagolio del gatto”), la microcefalia, tratti caratteristici del volto e il grave ritardo psicomotorio e mentale. L’incidenza varia tra 1/15.000 e 1/50.000 nati vivi.
  • Sindrome di Di George: è una malattia dovuta ad una microdelezione nella regione cromosomica 22q11.2, ed è caratterizzata dall’insieme di diverse malformazioni: ipoplasia del timo e delle ghiandole paratiroidi, cardiopatia congenita e dimorfismi del viso caratteristici. L’incidenza mondiale è di 1/2.000-1/4.000 nati vivi.
  • Lissencefalia isolata: è un grave disturbo della migrazione neuronale caratterizzato da circonvoluzioni corticali assenti (agiria) o diminuite (pachigiria) e da una corteccia ispessita. Sono stati descritti diversi tipi di lissencefalia: la forma più comune, nota come lissencefalia classica o di tipo 1, è caratterizzata da una corteccia spessa 10-20 mm (invece dei 2-3 mm della corteccia normale); il quadro più lieve è invece rappresentato dalla eterotopia a banda sottocorticale (SBH) in cui sono presenti bande bilaterali di sostanza grigia all’interno della sostanza bianca tra la corteccia e i ventricoli laterali. Nella SBH la corteccia ha una struttura microscopicamente normale ma può presentare una superficie semplificata con solchi poco profondi. La lissencefalia classica è una malformazione rara con una prevalenza di 11.7 per milioni di nati.
  • Sindrome di Miller-Dieker: è una sindrome da delezione di geni contigui sul cromosoma 17p13.3, caratterizzata da lissencefalia classica (lissencefalia tipo 1) e segni facciali caratteristici. Possono fare parte di questa condizione altre malformazioni congenite. La MDS è, senza dubbio, una malattia rara osservata fino ad oggi in 11, 7 nati per milione di nati vivi, anche se la prevalenza e l’incidenza sono probabilmente sottostimate. I bambini con MDS presentano un grave ritardo di crescita, di solito associato a epilessia e disturbi dell’alimentazione. La lissencefalia rappresenta lo spettro fenotipico estremo di un quadro di agiria generalizzata o agiria e pachigiria frontale. In quasi il 100% dei pazienti sono presenti delezioni visibili o submicroscopiche della regione 17p13.3, che coinvolgono il gene LIS1. La presa in carico dei bambini con MDS è sintomatica. Per evitare le complicazioni legate ai problemi alimentari e della deglutizione (scarso stato nutrizionale, polmonite ab ingestis), si possono usare tubi nasogastrici e si può effettuare una gastrostomia (soluzione a lungo termine). È molto importante il controllo delle convulsioni.
  • Sindrome della Neuropatia Ereditaria (HNPP): è una forma di neuropatia sensitivo-motoria caratterizzata da episodi di paralisi e di parestesia in un territorio circoscritto e definito (per esempio, sindrome del tunnel carpale oppure paralisi del nervo peroneale con disturbi al piede). In genere, questi episodi (spesso causati da un piccolo trauma o da una prolungata compressione della regione interessata) regrediscono, ma le recidive sono comunque frequenti. Talvolta, invece, la paralisi è permanente. La malattia si manifesta in genere dopo i 20 anni. La neuropatia ereditaria ipersensibile alla pressione è associata ad alterazioni del gene PMP22, localizzato sul cromosoma 17 e si trasmette con modalità autosomica dominante:  un genitore con l’alterazione (e quindi con la malattia) ha il 50% di probabilità di trasmettere la malattia a ciascuno dei propri figli. La diagnosi si basa sulla storia clinica e familiare del paziente e può essere confermata dall’analisi genetica, con ricerca di alterazioni a carico dl gene PMP22. Nelle famiglie a rischio è possibile effettuare diagnosi prenatale conoscendo il tipo di alterazioni coinvolte. Non esiste un trattamento risolutivo. La terapia è sintomatica e preventiva, ovvero mira alla prevenzione delle compressioni dei nervi: consigliato, per esempio, non stare troppo a lungo seduti con le gambe incrociate o sdraiati sui gomiti.
  • Sindrome di Rubinstein-Taybi: è una sindrome caratterizzata da un aspetto particolare del volto (sopracciglia fortemente arcuate, ciglia lunghe, naso a becco, ridotto sviluppo della mandibola, incisivi appuntiti, sorriso atipico associato a chiusura quasi completa degli occhi), da altre anomalie strutturali, come la presenza di pollici e alluci molto larghi, da ritardo della crescita postnatale. La sindrome è inoltre associata a deficit cognitivo di grado variabile e a disturbi comportamentali (specie durante l’età adulta: sbalzi d’umore e comportamenti ossessivo-compulsivi). Altre caratteristiche eventualmente presenti sono le cardiopatie congenite, la tendenza a sviluppare obesità verso la pubertà , alcune anomalie oculari (come il coloboma) e un aumento del rischio di alcune forme di tumore.
  • Sindrome di Sotos: è una rara malattia genetica caratterizzata da crescita eccessiva durante l’infanzia, eccessivo sviluppo del cranio (macrocefalia), aspetto peculiare del viso, difficoltà di apprendimento di grado variabile in associazione ad altri segni clinici. Si stima che la frequenza sia compresa tra 1:10.000 e 1:50.000 nati vivi. La sindrome di Sotos è dovuta a mutazioni o delezioni del gene NSD1 (localizzato sul cromosoma 5q35) responsabile della sintesi di una proteina che controlla l’attività di un gruppo di geni coinvolti nei processi di crescita e di sviluppo dell’organismo. Il 90% circa delle anomalie di NSD1 è de novo ossia insorta per la prima volta nella persona affetta e pertanto sono molto rari i casi familiari (meno del 2%). Si dice in gergo tecnico che la mutazione è de novo quando è avvenuta durante la formazione della cellula uovo o dello spermatozoo oppure nelle primissime fasi di sviluppo embrionale. Nel restante 10% circa dei casi la modalità di trasmissione è autosomica dominante: una persona con sindrome di Sotos ha un rischio del 50% di avere un figlio con la sua stessa condizione, sebbene i sintomi e la loro gravità varino molto anche all’interno della stessa famiglia. I sintomi si manifestano fin dalla nascita con peso e altezza superiori alla norma (macrosomìa fetale), macrodolicocefalia (testa grande e allungata in senso anteroposteriore), volto allungato e stretto, fronte ampia e prominente, impianto alto dei capelli sulla fronte, capelli radi soprattutto in regione frontoparietale, fessure palpebrali rivolte verso il basso, occhi molto distanziati (ipertelorismo), palato ogivale, mandibola stretta e prominente, mento squadrato e a punta. Altre anomalie sono malformazioni cerebrali, anomalie genito-urinarie, malformazioni cardiache, scoliosi; possono verificarsi crisi epilettiche.
    È di regola ritardato il raggiungimento delle principali tappe dello sviluppo neuro-psicomotorio: primi passi e prime parole. È presente ritardo motorio (ipotonia) e del linguaggio, inoltre vi è anche un ritardo dello sviluppo cognitivo con disabilità intellettiva e problemi comportamentali (deficit di attenzione ed iperattività), fobie, aggressività, impulsività, irritabilità e disturbi ossessivi-compulsivi.
    Circa il 90% dei bambini con sindrome di Sotos ha un’altezza e/o una circonferenza cranica superiori alla media. L’iperaccrescimento è particolarmente marcato nei primi 3-4 anni di vita per rientrare nella norma – ma sempre ai limiti superiori – dopo i 5 anni di età; si osserva una maturazione ossea anticipata, più evidente nei primi anni di vita (età ossea accelerata). La circonferenza cranica rimane solitamente con valori abnormemente elevati (superiori al 97° percentile).
    La condizione è inoltre associata ad un lieve aumento di rischio tumorale (2% circa degli affetti), che si manifesta principalmente in età pediatrica. Le neoplasie maggiormente osservate sono il teratoma sacrococcigeo, il ganglioneuroma, il neuroblastoma, la leucemia linfoblastica acuta e il carcinoma polmonare a piccole cellule. Il sospetto clinico si basa sulla raccolta della storia clinica e sulla visita che dimostreranno le manifestazioni sopra riportate. La conferma diagnostica viene dall’analisi del gene NSD1 e dalla dimostrazione delle mutazioni specifiche. Il trattamento è esclusivamente sintomatico. La bambina o il bambino va preso in carico da un’équipe multispecialistica (pediatra, pediatra endocrinologo, genetista, neurologo, ortopedico…) e necessita quasi sempre di un supporto fisioterapico, psicoterapeutico e di logopedia. Viene frequentemente utilizzata la terapia occupazionale.
  • Sindrome Trico-Rino-Falangea: le sindromi tricorinofalangee tipo 1 e 3 sono sindromi malformative caratterizzate da bassa statura, capelli radi, naso globoso, epifisi “a cono” e un importante accorciamento di tutte le ossa delle falangi, dei metacarpi e dei metatarsi. Sono stati descritti più di 100 casi. Le forme tipo 1 e 3 sono varianti della stessa malattia: il tipo 3 è la forma più grave, con statura molto bassa e brachidattilia molto marcata. Queste due forme si distinguono dalla sindrome tricorinofalangea tipo 2 (si veda questo termine) per l’assenza del deficit cognitivo e delle esostosi. La trasmissione delle sindromi tipo 1 e 3 è autosomica dominante. Sono dovute alle mutazioni del gene TPRS1 localizzato sul cromosoma 8q24.12. Il trattamento è sintomatico. Può essere proposta la chirurgia plastica.
  • La Sindrome di Smith-Magenis: è una malattia genetica complessa con deficit cognitivo variabile, disturbi del sonno, anomalie craniofacciali e scheletriche, disturbi psichiatrici, ritardo motorio e del linguaggio. La prevalenza mondiale è di 1/15.000-25.000. Sono comuni il deficit cognitivo lieve-moderato, il ritardo significativo del linguaggio, la ridotta sensibilità al dolore, la neuropatia periferica, i disturbi del sonno (caratteristici) e i comportamenti disadattivi (capricci/scatti d’ira, ricerca costante dell’attenzione, aggressività, disobbedienza, distrazione e comportamenti autolesionistici). La SMS è una malattia sporadica da delezione 17p11.2 del gene RAI1 (retinoic acid-induced 1; 90%) o da mutazione del gene stesso(10%).
  • La Sindrome di Wolf-Hirschhorn: è una malattia dello sviluppo, determinata da una delezione del braccio corto del cromosoma 4 (regione 4p16.3), e caratterizzata da segni craniofacciali caratteristici, ritardo della crescita prenatale e postnatale, deficit cognitivo, grave ritardo dello sviluppo psicomotorio, convulsioni e ipotonia. La prevalenza è di 1:50.000 nati. Interessa più spesso le femmine rispetti ai maschi (2:1).

Grazie a una sofisticata analisi bioinformatica, si ha la possibilità di definire con esattezza non solo la regione genomica alterata ma anche i geni in essa contenuta, permettendo così di verificare la patogenicità dell’anomalia cromosomica riscontrata e valutare le conseguenze cliniche. L’ analisi array-CGH, rappresenta anche una tecnica ideale di approfondimento diagnostico di 2° livello, eseguita per integrare l’analisi citogenetica prenatale al fine di definire più accuratamente eventuali anomalie cromosomiche precedentemente identificate o per rivelare microriarrangiamenti non evidenziabili con l’indagine del cariotipo fetale. L’integrazione dell’analisi citogenetica convenzionale con l’array-CGH incrementa notevolmente le possibilità di determinare le cause della patologia riscontrata nel feto ed eventualmente permette di definire più accuratamente il rischio di ricorrenza.
Le principali indicazioni per l’impiego dell’array-CGH quale tecnica di approfondimento diagnostico in diagnosi prenatale sono le seguenti:

  • Difetti dello sviluppo fetale evidenziati tramite ecografia; riconducibili ad una patologia cromosomica, il cui cariotipo tradizionale è però risultato normale;
  • Feto con anomalie cromosomiche (riarrangiamenti sbilanciati, riarrangiamenti apparentemente bilanciati de novo e cromosomi marcatori) individuate attraverso l’analisi citogenetica prenatale;
  • Aborti spontanei e terapeutici.

Risultato assicurato
L’Array-CGH è una metodica molecolare che non necessita di coltura cellulare, quindi non è soggetta al rischio di mancata crescita e, di conseguenza, di ripetizione del prelievo, garantendo un risultato nel 100% dei casi. I limiti di tale tecnica in ambito prenatale sono rappresentati dall’impossibilità di identificare riarrangiamenti cromosomici bilanciati (non patologici) e i mosaicismi (cioè la presenza cioè di due linee cellulari con differente assetto cromosomico) con una linea cellulare scarsamente rappresentata (inferiore al 10% circa).

Affidabilità dei risultati
Questa tecnica innovativa si differenzia cariotipo tradizionale prenatale in quanto meno laboriosa e facilmente automatizzabile, e quindi meno soggetta a rischio di errore. Inoltre, alcune sue particolarità tecniche consentono l’accertamento anche dei mosaicisti (non inferiori al 10%), e coaiuvata dalla QF-PCR permete di determinare la stato di zigosità in gravidanze gemellari come pure la rapida identificazione di contaminazione materna che non è apprezzata dalla FISH e dal cariotipo. Il cariotipo molecolare, a differenza dell’altra tecnica di amniocentesi rapida, la QF-PCR, fornisce in tempi similmente rapidi i risultati di eventuali anomalie a carico di tutti i cromosomi. E’ importante sottolineare la necessità che questa tecnica sia utilizzata da laboratori dotati di provata competenza di genetica molecolare, nonché di esperienza nella interpretazione dei risultati prodotti dalla array-CGH.

Per info riguardanti il test su Cariotipo Molecolare (Microarray) contattare i numeri:

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