Genetica Cardiovascolare

Le malattie cardiovascolari

Sono considerate malattie cardiovascolari tutte le patologie del cuore e dei vasi sanguigni. Le più frequenti sono la Cardiopatia Coronaria Ischemica, tra cui l’Infarto Acuto del Miocardio e l’Angina Pectoris, e le malattie cerebrovascolari che comprendono l’ictus ischemico ed emorragico. Le patologie cardiache detengono il primato tra le cause di morte nel mondo occidentale.
All’inizio del XX secolo le malattie cardiovascolari erano considerate la causa di circa il 10% della mortalità totale in tutto il mondo. Sul finire del secolo la percentuale è salita al 50% nei paesi industrializzati. Secondo alcune stime per il 2020 un terzo delle cause di morte nel mondo, includendo i paesi emergenti, sarà dovuto alle malattie cardiovascolari.
Ogni anno in Italia muoiono circa 243 mila persone per malattie cardiovascolari. I decessi per infarto miocardico sono 37 mila all’anno. Oggi è possibile identificare i pazienti che hanno maggiore possibilità di essere colpiti da una patologia cardiovascolare. Tra le principali cause e/o fattori di rischio un ruolo di primaria importanza lo giocano l’età, il sesso maschile, la familiarità per cardiopatia ischemica, il diabete mellito, l’ipertensione arteriosa, l’ipercolesterolemia, il fumo e lo stress. Tali fattori di rischio, tuttavia, non sono sufficienti a spiegare tutti i casi di infarto che si manifestano in individui non a rischio: per questo motivo la ricerca e gli studi clinici si sono indirizzati verso l’individuazione di nuovi marcatori, sia legati ai vari cicli metabolici (tra cui i processi emocoagulativi ed infiammatori) che a livello genico, al fine di individuare la predisposizione genetica allo sviluppo di una determinata patologia cardiovascolare.

La medicina predittiva

Il Progetto Genoma Umano ha consegnato alla comunità scientifica internazionale una sequenza genetica di tre miliardi di paia di basi condivisa al 99,9% da tutti gli individui. Le differenze fra individui sono costituite per la maggior parte da polimorfismi nucleotidici, ovvero cambiamenti di una singola base nel DNA. In campo medico, le nuove conoscenze sul Genoma Umano hanno permesso il consolidarsi di una nuova dimensione molecolare della medicina, in particolare di un settore definito come “Medicina Predittiva”, ovvero una medicina che, basandosi sulle informazioni ricavabili dalla costituzione genetica di un individuo, possa anticipare una stima del rischio di quest’ultimo di sviluppare una determinata patologia durante il corso della vita. L’interesse per la componente genetica della suscettibilità a malattie complesse sta assumendo sempre più importanza nella medicina moderna, in quanto si sta mettendo in evidenza il ruolo di alcuni polimorfismi genetici relativamente comuni, ma che se associati tra loro e combinati con specifiche componenti ambientali, possono elevare notevolmente il rischio di sviluppare patologie diffuse nella società industriale, quali le malattie cardiovascolari.

Il test genetico

Il test si basa sull’analisi di 50 polimorfismi genetici, localizzati su 38 geni, che sono associati a un aumentato rischio di insorgenza di patologie cardiovascolari, allo scopo di determinare dei profili di rischio individuali finalizzati al trattamento personalizzato ed alla prevenzione precoce di queste malattie.

ARTERIOSCLEROSI E METABOLISMO DEI LIPIDI

Una delle principali cause dell’insorgere delle malattie cardiovascolari è l’arteriosclerosi: gli strati interni delle pareti delle arterie diventano spessi e irregolari a causa di depositi di lipidi e colesterolo.

L’ispessimento porta a una diminuzione del flusso sanguigno. Su questi vasi, ma anche in assenza di un ispessimento significativo, meccanismi biologici la cui causa prima non è nota possono provocare la formazione di un trombo che, ostacolando completamente il flusso sanguigno provoca un danno permanente all’organo irrorato da quel vaso: cuore o cervello. L’arteriosclerosi è una patologia generalizzata che può coinvolgere le arterie in diverse aree dell’organismo: conduce all’infarto se è localizzata a livello cardiaco, all’ictus se localizzata a livello cerebrale.

  • Apolipoproteina A1 (APOA1) Polimorfismo -75 G>A: L’Apolipoproteina A1 (APOA1) costituisce il maggiore componente proteico delle lipoproteine ad alta densità (HDL, il cosiddetto colesterolo buono). Poiché APOA1 esercita un ruolo importante nel trasporto inverso del colesterolo, bassi livelli sierici di APOA1/HDL rappresentano un ben conosciuto fattore di rischio di patologie delle arterie coronariche (CAD). Un frequente polimorfismo del gene APOA1 localizzatio nella regione promotore, -75G>A, modula l’espressione dell’apolipoproteina A1. Importanti interazioni tra questo polimorfismo, abitudini dietetiche e livelli di HDL sono ben conosciute. I portatori della variante allelica del polimorfismo -75G>A, possono aumentare il loro livello sierico di HDL in risposta ad una maggiore assunzione con la dieta di acidi grassi insaturi.
  • Apolipoproteina B (Apo B) → Mutazione R3500Q: L’Apolipoproteina B (Apo B) è un costituente fondamentale delle proteine a bassa e molto bassa densità coinvolte nel metabolismo del colesterolo. La mutazione R3500Q nel gene che codifica per la Apo B porta a ipercolesterolemia e conseguente rischio di patologie cardiovascolari.
  • Apolipoproteina C3 (APOC3) → Polimorfismi T3175G e T3206G: L’Apolipoproteina C3 (APOC3) esercita un ruolo importante nel metabolismo dei lipidi, inibendo il metabolismo del triacil-glicerolo ad opera dell’enzima lipoproteina-lipasi, con conseguente incremento del livello di trigliceridi (ipertrigliceridemia). I polimorfismi T3175G e T3206G del gene APOC3 sono associati ad un rischio 4 volte superiore di ipertrigliceridemia e a un elevato rischio di insorgenza di infarti, arteriosclerosi e patologie cardiovascolari.
  • Apolipoproteina E (APO E) → Alleli E2, E3, E4: Il gene APOE, è situato sul cromosoma 19 e codifica per l’apolipoproteina E (APOE), una proteina plasmatica, coinvolta nel trasporto del colesterolo, che si lega alla proteina amiloide. Sono presenti tre isoforme (conformazioni strutturali diverse della stessa proteina) di ApoE: Apoε2, Apoε3 e Apoε4 che sono i prodotti di 3 forme alleliche diverse (ε2, ε3, ε4). Queste diverse isoforme sono determinate dal cambiamento dell’amminoacido in due diverse posizioni (varianti Cys112Arg e Arg158Cys). Le apolipoproteine svolgono un ruolo fondamentale nel catabolismo delle lipoproteine ricche di trigliceridi e colesterolo. L’APOE viene sintetizzata principalmente nel fegato ed ha la funzione di trasportatore lipidico. È noto da tempo che elevati livelli di colesterolo costituiscono uno dei maggiori fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. In particolare non solo il livello di colesterolo totale ma anche il livelli relativi di HDL, LDL e trigliceridi rivestono notevole importanza nella patogenesi delle malattie vascolari. L’APOE è stato uno dei primi marcatori genetici ad essere studiati come fattore di rischio per l’infarto del miocardio. Studi effettuati su una ampia popolazione di pazienti con infarto del miocardio e relativo gruppo di controllo hanno confermato dati già presenti in letteratura dove l’allele ε4 dell’APOE (APOE4 era stato considerato un fattore di rischio genetico per le malattie cardiovascolari. I portatori dell’allele 4) presentano infatti livelli più elevati di colesterolo totale e LDL, e quindi hanno un rischio maggiore di patologie cardiovascolari. Tale fattore di rischio è presente soprattutto nelle persone anziane e quindi l’APOE può essere considerato un fattore genetico di rischio per l’infarto in età avanzata. Recenti studi clinici hanno anche dimostrato che l’allele E4 è più frequente nelle persone affette da malattia di Alzheimer rispetto a quelle sane. La presenza del genotipo APOE4, anche in eterozigosi, determinerebbe un aumento di circa 3 volte del rischio di sviluppare la malattia nelle forme ad esordio tardivo, familiari e sporadiche.
  • Cholesterol Ester Transfer Protein (CETP) → Polimorfismi G279A e G1533A: Il CETP è coinvolto nel metabolismo dei lipidi, mediando lo scambio di lipidi tra lipoproteine mediante il trasferimento di esteri del colesterolo dalle HDL alle lipoproteine ricche di trigliceridi, con conseguente riduzione dei livelli di HDL. Il polimorfismo dell’introne 1 del gene CETP G279A aumenta le concentrazioni del CETP e riduce i livelli di HDL a favore di LDL e VLDL. Un altro polimorfismo, G1533A, localizzato nell’esone 15 del gene CETP, che determina la variazione aminoacidica Arg->Gln a livello del codone 451, è anch’esso associato ad una aumentata attività plasmatici della CETP. Ridotti livelli di HDL sono associati ad un rischio aumentato di patologie cardiovascolari.
  • Gap Junction Protein Alpha 4 (Connessina 37) → Variante Pro319Ser: La Connesina 37 (CX37) costituisce un importante fattore molecolare coinvolto nello sviluppo dei vasi arteriosclerotici. La CX37 è espressa nelle cellule endoteliali ed è codificata dal gene GJA4. Una variante aminoacidica a livello del codone 319 (Pro319Ser) di tale gene costituisce un marker prognostico per lo sviluppo di placche arteriosclerotiche ed un marker di rischio genetico per l’arteriosclerosi.
  • Idrossi-Metil-Glutaril-Coenzima A Reduttasi (HMGCR) → Polimorfismo -911 C-A: L’ idrossi-metil-glutaril-coenzima A reduttasi (HMGCR) è un gene che codifica per l’omonima proteina. Questa è un enzima fondamentale per la sintesi del colesterolo. Si è già ricordato precedentemente che elevati livelli di colesterolo sono un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, poiché predispongono alla formazione delle lesioni aterosclerotiche. E’ interessante notare che data la sua posizione strategica nella catena biosintetica che porta alla sintesi di colesterolo, l’HMGCR è anche il target farmacologico delle statine, una famiglia di farmaci che agisce abbassando i livelli di colesterolo. Questo effetto viene ottenuto inibendo l’azione enzimatica svolta dall’HMGCR. Sulla base di queste osservazioni è stato studiato un polimorfismo nella regione promotrice del gene HMGCR in posizione -911 che consiste nella sostituzione di una C (citosina) con una A (adenina). Questo polimorfismo è stato studiato in una ampia coorte di pazienti con infarto del miocardio e relativo gruppo di controllo. Il polimorfismo è risultato essere associato ad un aumentato rischio di sviluppare l’infarto del miocardio. In particolare la presenza dell’A nel polimorfismo dell’HMGCR risultava associato all’infarto in età giovanile.
  • Lipoproteina Lipasi (LPL) → Polimorfismo C1595G: La lipoproteina lipasi (LPL) è un enzima coinvolto nel metabolismo dei trigliceridi nelle lipoproteine circolanti. Questo enzima è sintetizzato dalle cellule del tessuto adiposo e muscolare e dopo essere secreto è trasportato sull’endotelio dei capillari, dove interagisce con le lipoproteine ricche in trigliceridi. L’LPL migliora l’assorbimento delle lipoproteine da parte del fegato e delle pareti dei vasi sanguigni. Il polimorfismo C1595G sembra avere un ruolo benefico in quanto è stato associato con un rischio diminuito di insorgenza di patologie cardiovascolari, ridotta pressione arteriosa e bassi livelli di trigliceridi. (Kobayashi et al., 1992 Biochem Biophys Res Commun. 15;182:70-7)
  • Metalloproteinasi di Matrice 3 (MMP3) → Polimorfismo Promotore -1171 5A>6A: Le metalloproteinasi sono una famiglia di enzimi importanti nel processo di rimodellamento della matrice extracellulare e nell’irrigidimento età-dipendente delle arterie, e quindi coinvolte nell’eziologia aterosclerotica e in particolare nell’evoluzione delle placche. Le placche aterosclerotiche sono costituite da due componenti principali: un tessuto ricco di lipidi e uno sclerotico ricco di collagene. Le placche sclerotiche sono da considerarsi meno a rischio in quanto sono le più stabili; al contrario la componente “molle” ateromatosa dà instabilità alla placca e la rende più friabile e quindi più a rischio d’eventi trombotici. In questi meccanismi è stato ampiamente dimostrato il ruolo delle Metalloproteinasi, in quanto enzimi deputati alla riorganizzazione delle placche stesse. Recentemente, nella zona del promotore (in posizione -1171) del gene MMP3, un membro della famiglia delle MMP, è stato individuato un polimorfismo (5A>6A) che influenza l’attività enzimatica di MMP3. L’allele 5A determina una maggiore attività ed è stato associato con un rischio maggiore di infarto al miocardio, mentre l’allele 6A determina una ridotta attività dell’enzima e costituisce un marker di rischio per la stenosi arteriosa. Per questo polimorfimo, gli esperti suggeriscono che il genotipo ottimale sia una eterozigoti per gli alleli (5A/6A).
  • Ossido Sintetasi Endoteliale (eNOS) → Polimorfismi -786 T>C, Glu298Asp e VNTR Introne 4: Nel sistema vascolare, l’ossido nitrico (NO) esercita un ruolo importante producendo vasodilatazione, regolando il flusso sanguigno e la pressione arteriosa, e conferendo tromboresistenza e proprietà protettive all’endotelio dei vasi sanguigni. La vasodilatazione endotelio-dipendente è mediata dal rilascio di NO prodotto dall’ossido sintetasi endoteliale (eNOS). Una ridotta sintesi di NO o nella sua minore bio-disponibilità potrebbe essere la causa della ridotta vasodilatazione endotelio-dipendente che si osserva nei vasi sanguigni di soggetti fattori di rischio cardiovascolari, quali fumatori attivi e passivi, pazienti con ipertensione o ipercolesterolemia. La mancanza di effetti NO-mediati può inoltre predisporre allo sviluppo di arteriosclerosi. Il polimorfismo -786 T>C della regione promotore del gene codificante ossido sintetasi endoteliale (NOS3) riduce la sintesi di NO endoteliale, suggerendo che i portatori di tale variazione nucleotidica sono predisposti all’insorgenza di patologie coronariche. Ma l’indicazione più importante è data dal fatto che questa riduzione è esacerbata dal fumo di sigaretta. La variante missense Glu298Asp, presente a livello dell’esone 7 del gene NOS3, agirebbe in sinergia con il polimorfismo della regione promotore, aumentando ulteriormente il rischio di patologie coronariche. Un raro polimorfismo VNTR localizzato a livello dell’introne 4 del gene NOS3 (Ins>Del Introne 4) rappresenta un fattore di rischio di infarto al miocardio (MI). La frequenza di questa variante si è mostrata significativamente più elevata (di circa 7 volte) in pazienti con MI senza conosciuti fattori di rischio secondari. Questa variante è stata inoltre associata con stenosi arteriosa, specialmente in associazione con il tradizionale fattore di rischio del fumo di sigaretta.
  • Paraoxonasi 1 (PON1) → Polimorfismo Gln192Arg: La Paraoxonasi è una glicoproteina calcio-dipendente, che circola nelle lipoproteine ad alta densità (HDL), in grado di prevenire la perossidazione delle lipoproteine a bassa densità (LDL) e di contrastare pertanto il processo ateromasico. Il gene PON1, codificante tale proteina, appartiene ad una famiglia multigenica insieme ad altri due geni PON-simili, denominati PON2 e PON3, tutti localizzati sul braccio lungo del cromosoma 7. Sono noti diversi polimorfismi del cluster dei geni PON: il polimorfismo Gln192Arg nel gene PON1; è stato associato a rischio cardiovascolare, in quanto favorenti il processo aterosclerotico. Ranade (2005) Stroke. 36(11):2346-50.
  • Sterol Regulatory Element Binding Transcription Factor 2 (SREBF2) → Polimorfismo Gly595Ala: La famiglia delle SREBP ha un ruolo importante nella regolazione del metabolismo cellulare del colesterolo e degli acidi grassi. Un membro di questa famiglia, il SREBF2, esercita un ruolo chiave nell’omeostasi del colesterolo, attivando l’assorbimento di colesterolo plasmatici mediato dal recettore dell’LDL. Un polimorfismo SNP del gene SREBF2, Gly595Ala, che causa una variazione aminoacidica Gly>Ala a livello del codone 595, è associato ad ipercolesterolemia. Durst (2006) Atherosclerosis. Dec;189(2):443-50.
TROMBOSI

Le trombofilie ereditarie (predisposizione genetica alla trombosi) sono un gruppo di patologie caratterizzate dalla tendenza a soffrire di episodi trombotici. Si ha un evento trombotico, venoso o arterioso, quando il sangue (anche in piccole quantità) si coagula all’interno di un vaso sanguigno, aderisce alla sua parete e lo ostruisce in maniera parziale o completa, impedendo il flusso del sangue. Il coagulo prende il nome di trombo. Nella maggior parte dei casi si tratta di difetti o alterazioni di uno o più fattori della coagulazione del sangue. La coagulazione è un processo molto complesso che prevede l’intervento in successione di molti fattori (proteine) diversi. Si tratta di un evento a cascata, una specie di reazione a catena. I geni, oggi noti, di suscettibilità alla trombosi sono delle varianti geniche (mutazioni puntiformi a un singolo nucleotide) che presentano una tale frequenza nella popolazione da essere considerate delle varianti polimorfiche. I geni in considerazione sono quelli relativi al Fattore V di Leiden, al Fattore II della coagulazione (Protrombina) e il gene MTHFR (Metilentetraidrofolatoreduttasi). Altri geni sono stati associati a stati trombotici, tra i quali: Fattore XIII, Beta Fibrinogeno, HPA. Lo studio delle varianti geniche di questi tre geni è indicata in:

  • Soggetti con precedenti episodi di tromboembolismo venoso o trombosi arteriosa;
  • Donne che intendono assumere contraccettivi orali;
  • Donne con precedenti episodi di trombosi in gravidanza;
  • Donne con poliabortività · Donne con precedente figlio con DTN ( difetto tubo neurale);
  • Gestanti con IUGR, tromboflebite o trombosi placentare;
  • Soggetti diabetici.
Trombofilia e Abortività

I fenomeni di abortività in gravidanza sono purtroppo eventi non rari. Mentre le alterazioni ormonali, immunitarie, uterine, e cromosomiche rientrano ormai come possibili cause di aborti ripetuti, recenti studi si orientano verso una nuova direzione: la genetica dei fattori della coagulazione del sangue. Le donne sofferenti di trombofilia ereditaria, eccessiva coagulazione causata da un’anomalia genetica, sono infatti la categoria più a rischio di aborto in utero a gravidanza avanzata. Nella maggior parte dei casi la morte del feto è causata da alterazioni geniche di uno o più fattori della coagulazione del sangue che determinano l’instaurarsi di una trombosi placentare, caratterizzata da una ostruzione dei vasi sanguigni placentari. Dal punto di vista della trasmissione genetica, la maggior parte dei difetti trombofilici si presenta in forma eterozigote e si trasmette con modalità autosomica dominante a penetranza incompleta. Le persone affette hanno una possibilità su due di trasmettere la predisposizione alla malattia ai figli, indipendentemente dal sesso. In gravidanza, una condizione genetica di eterozigosi o omozigosi per uno o più di questi geni è considerata predisponente all’aborto spontaneo. Dal punto di vista della trasmissione genetica, la maggior parte dei difetti trombofilici si presenta in forma eterozigote e si trasmette con modalita’ autosomica dominante a penetranza incompleta. Le persone affette hanno una possibilità su due di trasmettere la predisposizione alla malattia ai figli, indipendentemente dal sesso. In gravidanza, una condizione genetica di eterozigosi o omozigosi per uno o più di questi geni è considerata predisponente all’aborto spontaneo.

  • Fattore II (Protrombina) Variante G20210A 3’UTR: La protrombina o fattore II della coagulazione svolge un ruolo fondamentale nella cascata coagulativa in quanto la sua attivazione in trombina porta alla trasformazione del fibrinogeno in fibrina e quindi alla formazione del coagulo. E’ stata descritta una variante genetica comune nella regione non trascritta al 3′ del gene che è associata ad elevati livelli di protrombina funzionale nel plasma e conseguente aumentato rischio di trombosi, specie di tipo venosa. Trattasi di una sostituzione di una G (guanina) con una A (adenina) alla posizione 20210 (G20210A), una regione non trascritta del gene dalla parte del 3′ che è sicuramente coinvolta nella regolazione genica post-trascrizionale, quale la stabilità dell’RNA messaggero o con una maggiore efficienza di trascrizione del messaggero stesso. La frequenza genica della variante è bassa (1,0-1,5%) con una percentuale di eterozigoti del 2-3%. L’omozigosi è rara. Per gli eterozigoti c’è un rischio aumentato di 3 volte di sviluppare una trombosi venosa, di 5 volte per l’ictus ischemico, di 5 volte per infarto miocardico in donne giovani, di 1,5 volte per gli uomini, di 7 volte nei diabetici, di 10 volte per trombosi delle vene cerebrali e di 149 volte in donne che assumono contraccettivi orali.
  • Fattore V Variante di Leiden (G1691A) e Mutazioni Y1702C e His1299Arg: Il fattore V attivato è un cofattore essenziale per l’attivazione della protrombina (fattore II) a trombina. Il suo effetto pro-coagulante è normalmente inibito dalla Proteina C attivata che taglia il fattore V attivato in tre parti. Un sito di taglio è localizzato nell’aminoacido arginina alla posizione 506. Una mutazione del gene che codifica per il fattore V, a livello della tripletta nucleotidica che codifica per l’arginina in 506 (nucleotide 1691), con sostituzione di una G (guanina) con una A (adenina), comporta la sostituzione dell’arginina con un altro aminoacido, la glutammina che impedisce il taglio da parte della Proteina C attivata. Ne consegue una resistenza alla proteina C attivata (APC) nei test di laboratorio ed una maggiore attività pro-coagulante del fattore V attivato che predispone alla trombosi. Tale variante G1691A è definita variante di Leiden (località in cui fu scoperta), ed ha una frequenza genica dell’ 1,4-4,2% in Europa con una frequenza di portatori in eterozigosi in Italia pari al 2-3%, mentre l’omozigosità per tale mutazione ha un’incidenza di 1:5000. I soggetti eterozigoti hanno un rischio 8 volte superiore di sviluppare una trombosi venosa, mentre gli omozigoti hanno un rischio pari ad 80 volte. Tale evento trombotico è favorito in presenza di altre condizioni predisponenti quali la gravidanza, l’assunzione di contraccettivi orali (rischio aumentato di 30 volte negli eterozigoti e di alcune centinaia negli omozigoti), gli interventi chirurgici. In gravidanza una condizione genetica di eterozigosi per il Fattore Leiden è considerata predisponente all’aborto spontaneo, alla eclampsia, ai difetti placentari , alla Sindrome HELLP (emolisi, elevazione enzimi epatici, piastrinopenia). Tali manifestazioni sarebbero legate a trombosi delle arterie spirali uterine con conseguente inadeguata perfusione placentare. I soggetti portatori di mutazione del Fattore V di Leiden dovrebbero pertanto sottoporsi a profilassi anticoagulativa in corso di gravidanza o in funzione di interventi chirurgici ed evitare l’assunzione di contraccettivi orali. Due nuove mutazioni del gene del Fattore V, Y1702C e His1299Arg, tipiche della popolazione italiana, incrementano di 3-4 volte il rischio di trombosi.
  • Fattore XIII Polimorfismo VAL34LEU (V34L): Uno stato di omozigosi per un particolare polimorfismo del gene del Fattore XIII (F13A1), consistente in transizione G->T a livello dell’esone 2 del gene, con conseguente variazione aminoacidica leucina -> valina a livello del codone 34, che è molto prossimo al sito di attivazione della trombina, è stata associata a un aumento elevato dell’attività di questo enzima. La presenza di tale mutazione in omozigosi, quindi, rappresenterebbe un fattore protettivo contro trombosi venose.
  • Beta Fibrinogeno (FGB) Polimorfismo -455G-A: Un polimorfismo presente nella regione promotore del gene del beta Fibrinigeno (FGB), consistente in una transizione G->A in posizione nucleotidica -455, è associato con livelli plasmatici elevati di Fibrinogeno.
  • Human Platelet Alloantigens (HPA) Polimorfismo Leu33Pro: La genotipizzazione dello Human Platelet Alloantigens (HPA) permette di distinguere le due forme alleliche Pl (A1) e Pl (A2) determinate dal polimorfismo Leu33Pro, consistente in una variazione nucleotidica da T(A1) a C (A2) in posizione 1565, esone 2 del gene ITGB3, con conseguente variazione aminoacidica Leu->Pro a livello del codone 33. Differenti studi hanno associato la presenza di almeno un allele Pl (A2) a stati di ipercoagulazione, con conseguenti complicanze trombotiche venose.
  • Inibitore dell’Attivatore del Plasminogeno di tipo 1 (PAI-1) Polimorfismo 1 bp Del/Ins 4G/5G: L’inibitore dell’attivatore del plasminogeno di tipo 1 (PAI-1) rappresenta il principale inibitore del processo di attivazione del plasminogeno nel sangue. E’ noto che esso contribuisce alla formazione del trombo e, conseguentemente, all’insorgenza e allo sviluppo di patologie cardiovascolari sia acute che croniche. I livelli plasmatici di PAI-1 sono regolati geneticamente ma, soprattutto, sono correlati ad una serie di fattori di rischio per l’aterosclerosi quali, ipertrigliceridemia, diabete, ed insulino-resistenza. A livello della regione promotore del gene PAI-1 è presente un polimorfismo del tipo insezione/delezione di una G (4G/5G). Alcuni studi hanno dimostrato che il genotipo 4G/4G è associato a livelli plasmatici elevati di PAI-1, con conseguente rischio di malattie coronariche, e nelle donne in gravidanza aumentato rischio di preeclampsia.
IPERTENSIONE

Alcuni geni del sistema renina-angiotensina, un regolatore fondamentale del bilancio idrosalino e della pressione arteriosa dell’organismo umano, sono ritenuti coinvolti in varia misura nello sviluppo dell’ipertensione arteriosa. Infatti, condizioni di eterozigoti o omozigosi per alcune varianti di questi geni contribuiscono a ridurre l’eliminazione del sodio a livello renale, e sono associate a un rischio maggiore di ipertensione arteriosa. L’ipertensione è una patologia che colpisce circa il 30% della popolazione adulta ed è associata a un rischio molto elevato di ictus cerebrale e infarto del miocardio. L’ipertensione è definita una malattia multifattoriale su base poligenica, dipendente cioè dalla complessa interazione tra fattori ambientali e l’attività di diversi geni. Mentre sono stati identificati molti fattori nutrizionali e ambientali che contribuiscono allo sviluppo di ipertensione arteriosa, tra cui ricordiamo l’eccessivo consumo di sale e l’obesità”, gli studi molecolari contribuiscono a identificare anche i soggetti a rischio genetico.

  • Angiotensin Converting Enzyme (ACE) Polimorfismo I/D: A livello dell’introne 16 del gene ACE è presente un polimorfismo del tipo Inserzione/Delezione (I/D). Tale polimorfismo è dovuto alla presenza (allele I – Insertion) o assenza (allele D-Deletion) di una sequenza ripetuta Alu di 287 bp, e può produrre tre differenti genotipi:
    • II = Inserzione in omozigosi
    • ID = Eterozigosi per Inserzione/Delezione
    • DD = Delezione in omozigosi.

Differenti studi hanno associato il genotipo DD con un incremento del rischio di patologie cardiovascolari, a causa di un conseguente aumento dei liveli plasmatici di ACE (doppi rispetto ai soggetti con genotipo II).

  • Aangiotensinogeno (AGT) Variante M235T: Il gene AGT controlla la produzione di angiotensinogeno, una proteina che svolge un ruolo determinante nel sistema renina-angiotensina (RAS), sistema questo che regola la pressione arteriosa e quindi la funzionalità cardiaca. In alcune persone il RAS è iperattivo, provocando quindi problemi al cuore e pressione arteriosa alta. L’alterazione (mutazione) di una regione specifica del gene AGT è associata ad un elevato rischio di insorgenza di patologie cardiovascolari e di alcune forme di ipertensione. Il gene AGT, in una determinata regione, presenta due varianti (polimorfismo), denominate T e M. Quando è presente la variante T, l’aminoacido metionina è sostituito dall’aminoacido treonina nella posizione 235 del polipeptide angiotensinogeno, da cui la designazione M235T. Poiché ciascun individuo eredita una copia del gene da ciascun genitore, egli potrà presentare due copie della variante T (individuo T/T omozigote); una copia di ciascuna delle due varianti (individuo T/M eterozigote); oppure due copie della variante M (individuo M/M omozigote). La forma T235 del gene (cioè la presenza dell’aminoacido treonina a posto dell’aminoacido metionina in posizione 235) è associata con un incremento del rischio di patologie a carico delle arterie cardiache e con alcune forme di ipertensione. Il test molecolare assume un’importanza fondamentale nella diagnosi precoce delle CVD. Il polimorfismo T235, in particolare, si è rivelato un importante fattore di rischio per lo sviluppo di patologie cardiache e di alcune forme di ipertensione. Diversi studi hanno, infatti, dimostrato che il rischio i pazienti che presentano una forma alterata del gene AGT (genotipo T/T) hanno un rischio circa 3 volte maggiore di sviluppare patologie cardiovascolari, quali coronopatie, infarti miocardici, arteriosclerosi e cardiomiopatie ipertrofiche, rispetto ai pazienti con gene normale. Il test molecolare, inoltre, identifica i soggetti che presentano una forma di ipertensione sodio-sensibile (pazienti con genotipo T/T). Questi pazienti possono quindi trarre notevoli benefici dall’applicazione di una strategia terapeutica che riduce l’apporto di sodio nella dieta, raggiungendo una significativa diminuzione della pressione arteriosa senza la necessità di ricorrere ad una terapia farmacologica. L’analisi del gene AGT può inoltre aiutare i medici ad individuare una adeguata terapia da adottare prevedendo la risposta dei pazienti ai trattamenti terapeutici con agenti antiipertensivi. Nei pazienti che presentano un genotipo T/T e T/M, a differenza di quelli con genotipo M/M, si osserva, infatti, un’evidente riduzione della pressione del sangue, sia sistolica che diastolica, in risposta all’uso di ACE -inibitori.
  • Recettore Adrenergico alfa 2B Mutazione Ins>Del Codon 299: I recettori adrenergici alfa2 influenzano il metabolismo energetico attraverso l’inibizione della secrezione di insulina e la lipolisi. Il gene codificate per il recettore adrenergico Alfa2B (ADRA2B) presenta un polimorfismo Ins>Del Codon 299. La variante Del Codon 299 è molto comune nei caucasici (circa il 31%) ed è stata associate in vivo con una ridotta dilatazione delle arterie brachiali e con un ridotto flusso delle arterie coronariche. Inoltre si pensa che tale variante incida sul metabolismo basale e contribuisca all’obesità.
  • Recettore Adrenergico Beta 1 (ADRB1) Polimorfismo Gly389Arg: I Recettori Adrenergici Beta 1 sono i principali recettori cardiaci per Nor-Epinefrina ed Epinefrina, che rappresentano il più importante meccanismo mediante il quale il flusso sanguigno è aumentato a opera del sistema nervoso simpatico. Il gene ADRB1, codificante per il Recettore Adrenergico B1, presenta un polimorfismo Gly389Arg, consistente nella variazione aminoacidica Gly ”“ Arg a livello del codone 389. La variante Arg389 è associata a una migliore funzione recettoriale. Tale variante sembra predisporre a infarto ed influenzare la risposta terapeutica al trattamento con Beta bloccanti. La variante Arg389 è inoltre associata a ipertensione.
METABOLISMO E OBESITA’

L’Obesità è una malattia complessa dovuta a fattori genetici, ambientali e individuali, con conseguente alterazione del bilancio energetico e accumulo eccessivo di tessuto adiposo nell’organismo.

Studi su gruppi familiari hanno sempre sostenuto l’ipotesi di un’influenza genetica, responsabile delle cosiddette anomalie metaboliche che faciliterebbero l’insorgenza dell’obesità in presenza di alta disponibilità di alimenti e cronico sedentarismo. L’obesità rappresenta un importante fattore di rischio per l’insorgenza di malattie cardiovascolari.

  • Recettore Adrenergico Beta 2 (ADRB2) Polimorfismi Gly16Arg e Gln27Glu: L’allele Arg16 del gene ADRB2 determina un miglioramento della sensibilizzazione del recettore ed è stato associato a ipertensione. La contemporanea presenza delle varianti Arg16-Gln27 dell’ADRB2 comporta una ridotta vasodilatazione mediata dal recettore adrenergico Beta 2. La variante Glu27 è associata ad un incremento dell’attività del recettore, con conseguente obesità e patologie metaboliche.
  • Recettore Adrenergico Beta 3 (ADRB3) Polimorfismo Trp64Arg: Sulla base del suo ruolo biologico nel metabolismo dei lipidi, si pensa che il Recettore Adrenergico Beta 3 sia uno dei geni che influenza l’accumulo del grasso nel corpo. Una mutazione missense a livello del codone 64 del gene ADRB3 è stata associata con un aumento del Body Mass Index (BMI).
  • Neuropeptyde Y Polimorfismo Leu7Pro: Il Neuropeptide Y (NPY) esercita un ruolo importante nella regolazione del bilanciamento energetico, mediando la stimolazione all’assunzione di cibo e l’accumulo energetico. Tra le molteplici azioni del NPY vengono anche ricomprese: vasocostrizione, regolazione della pressione sanguigna, metabolismo del colesterolo e patogenesi dell’arteriosclerosi. Un raro polimorfismo del gene codificante per NPY, Leu7Pro, è stato associato a elevate quantità di colesterolo totale e LDL, specialmente nei pazienti con obesità. Tale polimorfismo, inoltre, è un marker per il rischio di ipertensione ed arteriosclerosi.
METABOLISMO DELL’OMOCISTEINA

Negli ultimi anni si vanno accumulando sempre maggiori evidenze scientifiche su come livelli clinicamente aumentati di Omocisteina rappresentino un nuovo fattore indipendente di rischio cardiovascolare che si può affiancare agli altri fattori di rischio tradizionali o che può potenziarne gli effetti deleteri sulla parete arteriosa. L’Omocisteina sembrerebbe indurre il danno vascolare interferendo con la produzione di Acido Nitrico da parte dell’endotelio, determinando iperplasia delle cellule muscolari lisce e aumentando la produzione di radicali liberi con conseguente danno ossidativo e perossidazione lipidica (così favorendo la formazione della placca aterosclerotica), nonché interferendo con la funzione piastrinica e incrementando la tendenza alla trombosi. L’iperomocisteinemia riveste, inoltre, importanti implicazioni nella riproduzione umana connesse al momento concezionale (aborti ripetuti), allo stato gravidico (patologie vasculodipendenti quali preeclampsia, difetto di crescita fetale, distacco di placenta) e alla menopausa.

  • Cistationina Beta Sintetasi (CBS) Polimorfismi C699T e T1080C: La CBS è un enzima necessario per convertire l’Omocisteina in Cistatione. Tale enzima riduce i livelli di Omocisteina. E’ stato dimostrato che due polimorfismi del gene CBS (C699T e T1080C) determinano un aumento dell’attività dell’enzima, riducendo la quantità di Omocisteina nel sangue. Tali polimorfismi sono associati a un rischio ridotto di insorgenza di patologie coronariche.
  • MTHFR (Metilentetraidrofolatoreduttasi) Polimorfismi C677T e A1298C: La Metilentetraidrofolatoreduttasi (MTHFR) è un enzima coinvolto nella trasformazione del 5-10 Metilentetraidrofolato in 5 Metiltetraidrofolato che serve come donatore di Metili per la Rimetilazione dell’Omocisteina a Metionina tramite l’intervento della Vitamina B12. Rare mutazioni (trasmesse con modalità autosomica recessiva) possono causare la deficienza grave di MTHFR con attività enzimatica inferiore al 20% e comparsa di Omocisteinemia ed omocistinuria e bassi livelli plasmatici di acido folico. La sintomatologia clinica è grave con ritardo dello sviluppo psico-motorio e massivi fenomeni trombotici. Accanto alla deficienza grave di MTHFR è stato identificato un polimorfismo genetico comune, dovuto alla sostituzione di una C (Citosina) in T (Timina) al nucleotide 677 (C677T), che causa una sostituzione di una alanina in valina nella proteina finale ed una riduzione dell’attività enzimatica della MTHFR pari al 50% ,fino al 30% in condizioni di esposizione al calore (variante termolabile). Tale variante comporta livelli elevati nel sangue di Omocisteina, specie dopo un carico orale di Metionina. La frequenza genica in Europa della mutazione è del 3-3,7% che comporta una condizione di eterozigosi in circa il 42-46% della popolazione e di omozigosi pari al 12-13%. Recentemente, una seconda mutazione del gene MTHFR (A1298C) è stata associata a una ridotta attività enzimatica (circa il 60% singolarmente; circa il 40% se presente in associazione alla mutazione C677T). Questa mutazione, in pazienti portatori della mutazione C677T, determina un aumento dei livelli ematici di Omocisteina. Livelli aumentati di Omocisteina nel sangue sono oggi considerati fattore di rischio per malattia vascolare, (trombosi arteriosa) forse attraverso un meccanismo mediato dai gruppi sulfidrilici sulla parete endoteliale dei vasi. Inoltre in condizioni di carenza alimentare di acido folico la variante termolabile della MTHFR porta a livelli molto bassi l’acido folico nel plasma ed è pertanto un fattore di rischio per i difetti del tubo neurale nelle donne in gravidanza. In condizioni di Eterozigosi Doppia, specie con la variante di Leiden del fattore V o della variante 20210 della Protrombina, può aumentare il rischio relativo per il Tromboembolismo venoso, già alto per la presenza dell’altra variante.
  • Metionina Sintetasi Gene (MTR) Polimorfismo A2756G: Il gene MTR codifica per un enzima che è coinvolto nella conversione dell’Omocisteina in Metionina. Il Polimorfismo A2756G aumenta l’attività di questo enzima, incidendo sui livelli ematici di Folato e Omocisteina. Ridotti livelli di Omocisteina riducono il rischio di insorgenza di patologie cardiovascolari. Inoltre, è stato dimostrato che la presenza del Polimorfismo A2756G determina una diminuzione delle probabilità di difetti del tubo neurale durante la gravidanza ed un rischio diminuito di trombosi venosa.
  • Metionina Sintetasi Reduttasi (MS-MTRR) Polimorfismo A66G: La Metionina Sintetasi Reduttasi è un enzima necessario per la formazione di un derivato della vitamina B12. Tale enzima è indispensabile per mantenere un’adeguata quantità di vitamina B12 cellulare, Metionina e Folato, e per mantenere bassi i livelli di Omocisteina. Il Polimorfismo A66G è associato con un aumento del rischio di malattie cardiovascolari, indipendenti dai livelli di Omocisteina. E’stato, inoltre, dimostrato che tale Polimorfismo aumenti il rischio di difetti del tubo neurale, spina bifida e sindrome di Down durante la gravidanza.
RISPOSTA INFIAMMATORIA

E’ noto, da molti anni, che la deposizione di grassi derivati dal colesterolo nella parete dei vasi induce un’attivazione di cellule normalmente presenti in questa zona dei vasi denominati macrofagi. Il macrofago, dopo l’ingestione di questo materiale, viene attivato e induce un’anomala risposta infiammatoria nella parete del vaso che col tempo porta alla formazione della placca aterosclerotica e alle alterazioni vasali tipiche dell’aterosclerosi. Quindi, componenti e fattori ad attività regolatoria sulla risposta infiammatoria, giocano un ruolo importante nello sviluppo e nella manifestazione clinica delle complicanza dell’Aterosclerosi, quali l’infarto del Miocardio. Lo studio di Polimorfismi Allelici di geni coinvolti nella risposta infiammatoria ha portato alla messa a punto di un profilo genetico complesso di rischio pro-infiammatorio associato all’infarto del miocardio. Il test si basa sull’analisi di polimorfismi genetici che sono stati trovati associati ad un aumentato rischio di infarto acuto del Miocardio.

  • Alfa-1-Antichimotripsina (AACT) Mutazione -51 G-T: Il gene dell’alfa-1-antichimotripsina (AACT) è situato sul cromosoma 14 e codifica per una proteina chiamata ACT, una molecola che ha attività inibitoria nei confronti di alcuni enzimi specifici ad attività proteasica ed è una proteina dell’infiammazione. E’ una delle principali proteine della fase acuta dell’infiammazione e viene rilasciata dal fegato durante le prime fasi della risposta infiammatoria acuta. In condizioni fisiologiche la sua concentrazione plasmatica è bassa, ma aumenta rapidamente e drasticamente in seguito a processi infiammatori. Viene rilasciata principalmente dalle cellule epatiche sotto stimolazione di altre proteine. Tuttavia anche altri tipi di cellule, quali i macrofagi, le cellule endoteliali e epiteliali sono in grado di sintetizzare questa proteina. E’ ormai noto da tempo che l’infiammazione gioca un ruolo primario nella patogenesi delle malattie cardiovascolari e per questo motivo alcuni studi hanno valutato il ruolo di questa proteina nello sviluppo dell’aterosclerosi e malattie correlate. E’ già stato dimostrato, infatti, che nei pazienti con infarto del miocardio la concentrazione plasmatica di alcune proteine della fase acuta fra cui, la proteina C reattiva e IL-6, aumenta rapidamente. E stato studiato un polimorfismo allelico presente nel promotore dell’ACT localizzato in posizione -51. Questo polimorfismo consiste nella sostituzione di una guanina (G) con una timida (T) dato che l’allele mutato T è associato a una maggior sintesi della proteina stessa. Da studi caso-controllo fatto su pazienti con infarto del miocardio e relativi controlli senza malattie cardiovascolari è emerso che l’allele T è un fattore di rischio per l’infarto del miocardio in età precoce. La frequenza dell’allele T dell’ ACT era più frequente nei pazienti colpiti dall’infarto prima dei 40 anni.
  • Interleuchina-1B (IL-1B) Polimorfismo -511 C-T: Il Gene dell’ Interleuchina-1 (IL-1) è situato sul cromosoma 2 dove è presente un aggregato di geni che codifica sia per l’IL-1b, IL-1a che e per il recettore di queste due molecole. L’IL-1 è una citochina pluripotente, cioè capace di svolgere e regolare molte funzioni immunitarie ed è sopratutto coinvolta nell’attivazione delle risposte infiammatorie. L’IL-1b in particolare viene anche rilasciata nel torrente circolatorio esercitando ance azioni diffuse nell’organismo. Infatti, è uno dei fattori capace di indurre febbre, sonno, anoressia e ipotensione. Questa Interleuchina è importante nella patogenesi dell’infarto del miocardio in quanto stimola macrofagi e cellule endoteliali a rilasciare il fattore tissutale (TF), potente induttore dei trombi. Il polimorfismo presente sul promotore dell’IL-1b in posizione -511 consiste nella sostituzione di una C (Citosina) con una T (Timina). La presenza dell’allele T in concomitanza con determinati alleli di altri polimorfismi su altri geni aumenta il rischio di sviluppare la malattia, pertanto i soggetti portatori di tale genotipo, soprattuto quando presente insieme ad altri genotipi, hanno maggiori probabilità di avere l’infarto del miocardio rispetto ai non portatori. Invece, nei soggetti con polimorfismo IL-1 beta protettivo la coagulazione del sangue viene indotta in misura molto minore, riducendo in tal modo la probabilita’ di essere esposti al rischio di infarto o di ictus.
  • Interleuchina-6 (IL-6) Mutazioni G-634C e G-174C: Il gene dell’Interleuchina-6 (IL-6) è situato sul cromosoma 7 e codifica per l’omonima proteina. L’IL-6 è una Citochina Pleiotropica, in grado di svolgere molte funzioni: generalmente ha azione pro-infiammatoria, quindi induce le risposte infiammatorie. L’IL-6 è coinvolta nella regolazione della risposta infiammatoria sia acuta che cronica e nella modulazione delle risposte immunitarie specifiche. E’ ormai noto che l’infiammazione ha un ruolo principale nella patogenesi dell’Aterosclerosi poiché le placche aterosclerotiche e le lesioni associate presentano un infiltrato di cellule immunitarie attivate e una aumentata sintesi di molecole infiammatorie. A questo proposito l’IL-6 è stata una delle prime citochine studiate nelle malattie cardiovascolari in quanto promuove la formazione degli ateromi, dislipidemia e ipertensione. Vari studi che hanno seguito popolazioni nel tempo hanno proposto di usare il livello plasmatico di questa proteina come marcatore predittivo dell’infarto. Infatti, è stato osservato che i livelli ematici della IL-6 aumentavano molto tempo prima della manifestazione clinica dell’infarto e correlavano con l’incidenza della malattia. Il gene dell’IL-6 contiene vari polimorfismi fra cui uno presente nel promotore in posizione -174 che consiste nella sostituzione di una G (Guanina) con una C (Citosina), e un altro presente in posizione -634, anche questo caratterizzato dalla sostituzione di una G con una C. Da studi condotti su un gruppo di pazienti con infarto al miocardio e su un gruppo di soggetti sani senza patologie cardiovascolari è emerso che questi polimorfismi rappresentano un fattore di rischio per l’infarto. Ovvero i portatori dell’allele mutato C hanno una probabilità maggiore di essere colpiti da tale patologia rispetto ai non portatori. Inoltre la presenza di questi alleli correla anche con maggiori livelli plasmatici di IL-6.
  • Interleuchina-10 (IL-10) Mutazione G-1082A: L’interleuchina 10 (IL-10) è un gene situato sul cromosoma 1 e codifica per l’omonima proteina. E’ una molecola antinfiammatoria, ovvero inibisce il rilascio delle citochine pro-infiammatorie durante lo sviluppo delle risposte infiammatorie. Viene secreta dai Linfociti T, Monociti e Macrofagi. Questa molecola regola le risposte infiammatorie e ha attività immunosoppressiva. Dato che la presenza di una risposta infiammatoria mal controllata promuove le malattie cardiovascolari, l’IL-10, avendo una azione immunosoppressiva, assume un ruolo importante e protettivo nella patogenesi delle malattie cardiocircolatorie. Molti studi hanno osservato il polimorfismo presente nella regione promotore del gene dell’IL-10 in posizione -1082. Tale polimorfismo consiste nella sostituzione di una G (guanina) con una A (adenina). E’ utile ricordare che studi in vitro hanno suggerito che la presenza dell’allele A è associata a una minor produzione della molecola di IL-10. E’ emerso che la presenza del genotipo AA aumenta il rischio di sviluppare infarto al Miocardio, in altre parole i portatori di tale genotipo hanno un rischio maggiore di sviluppare patologie cardiovascolari rispetto ai non portatori.
  • Interferone Gamma (IFN-γ) Mutazione +874 T-A: Il gene dell’Interferone Gamma (IFN-γ) si trova sul Cromosoma 12 e codifica per l’omonima proteina. L’IFN-γ è una citochina prodotta dai Linfociti T e la sua principale funzione è quella di difendere il nostro organismo da virus e patogeni intracellulari inducendo la risposta immunitaria e potenziando l’azione dei macrofagi. E’ stato ampiamente dimostrato da vari studi che l’IFN-γ promuove l’aterosclerosi. Infatti, le placche aterosclerotiche vulnerabili, cioè quelle che evolveranno in lesioni vasali complicate, contengono numerosi Linfociti T adiuvanti attivati che secernono anche IFN-g, oltre ad altre numerose citochine. Questa citochina attiva i macrofagi che secernono una sostanza che provoca la rottura del rivestimento fibroso delle placche. Recentemente, è stato trovato un polimorfismo del gene in posizione +874 che consiste nella sostituzione di una T (Timina) con una A (Adenina). La presenza dell’allele T è in forte linkage disequilibrium con un polimorfismo presente nel primo introne del gene (un microsatellite ripetuto). Quest’ultimo microsatellite influenza la produzione della molecola di IFN-γ, ovvero in presenza dell’allele 12 CA si avevano maggiori livelli di molecola. Quindi anche l’allele T del polimorfismo in posizione +874 influenza la secrezione di questa citochina che a sua volta induce una anomala regolazione delle risposte infiammatorie all’interno delle placche aterosclerotiche. Alcuni studi si sono focalizzati sul polimorfismo in posizione +874 confermando l’ipotesi che questo gene sia un marcatore per il rischio dell’infarto del miocardio.
  • Fattore di Necrosi Tumorale Alfa (TNFα) Polimorfismo -308 G-A: Il gene Fattore di Necrosi Tumorale Alfa (TNFα) è situato sul Cromosoma 6 e codifica per l’omonima proteina. Il TNFα è una Citochina Pro-Infiammatoria Pleiotropica, cioè in grado di svolgere numerose funzione di regolazione sulle risposte immunitarie. Il TNFα è anche un’importante mediatore delle risposte infiammatorie sia acute che croniche. La concentrazione del TNFα aumenta durante i danni vascolari prodotti dalla formazione di trombi. Questo fattore promuove le cellule endoteliali danneggiate stimolandole a produrre le molecole di adesione. Quindi, favorendo l’adesione alle cellule endoteliali il TNFα si comporta come un fattore promuovente l’aterogenesi e il danno vascolare causa dell’infarto. Il gene del TNFα ha vari siti polimorfici, tra cui un polimorfismo presente nella regione promotrice del gene in posizione -308. Questo polimorfismo consiste di una sostituzione di una G (Guanina) con una A (Adenina). Studi in vitro hanno messo in evidenza che la presenza dell’allele A è associata a una maggiore produzione della molecola stessa. Altri studi di fisiopatologia clinica hanno indicato che questo polimorfismo risultava essere un marcatore per le malattie cardiovascolari. Analizzando i dati ottenuti genotipizzando un gruppo di pazienti con infarto al miocardio e relativo gruppo di controllo, si può affermare che questo genotipo risulta essere un marcatore di rischio di infarto al miocardio.
  • Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF) Polimorfismo -2578 C-A: Il Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF) è un gene situato sul cromosoma 6 e codifica per una proteina chiamata Fattore di Crescita Endoteliale, una molecola in grado di promuovere la formazione di nuovi vasi, il fenomeno viene anche definito Neoangiogenesi. In qualsiasi tipo di processo Angiogenetico si ha l’attivazione delle cellule endoteliali, le cellule che formano la parete del vaso sanguigno che, a seguito di una carenza o assenza di ossigeno, iniziano a rilasciare diversi fattori in grado di mediare segnali cellulari vitali per l’organismo. Il VEGF viene espresso in tessuti differenti quali il cervello, il fegato, il rene e la milza, ed è stato ritrovato anche nell’ovaio, nell’utero e nella fase proliferativa della riparazione dei tessuti che porta alla riparazione e alla cicatrizzazione di una ferita. Il VEGF è fondamentale sia nella regolazione dell’Angiogenesi fisiologica che in quella patologica, poiché viene prodotto anche dalle Cellule Neoplastiche di alcuni tipi di tumore, quando si trovano in stato di forte ipossia. Il VEGF provoca l’aumento della permeabilità vascolare, il rilascio di proteasi, enzimi in grado di “tagliare” le proteine, importanti per l’invasione cellulare e il rimodellamento dei tessuti. E’ anche in grado di prevenire l’Apoptosi, cioè il suicidio programmato di diversi tipi cellulari. Quindi questo fattore viene a trovarsi coinvolto in molte patologie ed è un elemento importante nella patogenesi di numerose malattie. Per queste sue importanti proprietà, fra le quali si ricordano la prevenzione dell’Apoptosi e l’induzione dell’Angiogenesi, il VEGF assume un ruolo particolarmente importante nella patogenesi delle malattie cardiocircolatorie. Recentemente, è stato trovato un polimorfismo presente nel promotore del VEGF in posizione -2578 che consiste nella sostituzione di una singola base da C ad A. Da diversi studi effettuati su una ampia popolazione di pazienti affetti da infarto al miocardio e su relativi controlli, è emerso che il VEGF rappresenta un marcatore genetico per le malattie cardiovascolari.
ATTIVITÀ ANTIOSSIDANTE

L’attività antiossidante aiuta a combattere i danni causati dai Radicali Liberi (RL) che rappresentano lo scarto delle reazioni del metabolismo umano. I RL sono praticamente il prodotto della biotrasformazione metabolica che il nostro organismo pratica attraverso l’elaborazione degli alimenti che quotidianamente mangiamo. Tali molecole RL sono altamente reattive e possono indurre un invecchiamento precoce dei tessuti, dalla pelle agli organi interni, delle vene e arterie, malattie cardiovascolari come ictus e infarto cardiaco, fino a malattie altamente degenerative come alcuni tipi di tumore. Alcuni polimorfismi presenti in geni specifici (SOD3, MnSOD) possono alterare la produzione e la funzione degli enzimi antiossidanti e di conseguenza possono indurre a lo sviluppo di patologie cardiovascolari.

  • Superossido Dismutasi Manganese Dipendente (MnSOD) Polimorfismi C(-28)T e T175C: La Superossido Dismutasi Manganese Dipendente (MnSOD), un enzima antiossidante mitocondriale che catalizza la conversione dei Radicali Superossido in Idrogeno Perossido. L’MnSOD è codificata dal gene SOD2 localizzato al locus 6q25. Il gene presenta due polimorfismi, C(-28)T e T175C: il polimorfismo C(-28)T influenza la distribuzione intracellulare dell’enzima, prevenendo l’ingresso di quest’ultimo all’interno dei mitocondri. Tale polimorfismo è stato associato a un rischio maggiore di sviluppo di alcune patologie, in particolare quelle cardiovascolari. Tuttavia, è l’assenza del polimorfismo, e non la sua presenza, a favorire lo sviluppo di tali patologie. L’effetto favorevole della presenza di tale polimorfismo è dovuto al fatto che l’enzima rimane funzionale, ma distribuito all’interno della cellula invece che essere concentrato nei mitocondri. Il rischio di insorgenza delle suddette patologie diminuisce con una maggiore introduzione con la dieta di cibi ricchi di antiossidanti. Il polimorfismo T175C, invece, riduce la stabilità dell’enzima attivo di circa 3 volte.
  • Superossido Dismutasi (SOD3) Polimorfismo C760G: Il SOD3 è il principale enzima antiossidante delle pareti dei vasi sanguigni. I livelli più elevati di SOD3 sono riscontrati nel cuore, nella placenta, nel pancreas e nei polmoni. Moderati livelli di SOD3 sono anche riscontrabili nei reni, muscoli e fegato. E’ stato dimostrato che il polimorfismo C760G determina il rilascio dell’enzima SOD3 dalle pareti dei vasi nel sangue ed è associate ad una riduzione dell’attività antiossidante tissutale. Ciò può contribuire allo sviluppo di patologie coronariche.

Per info riguardanti la Genetica Cardiovascolare contattare i numeri:

SERVIZI CORRELATI

Prenota subito una visita:


    × Come possiamo aiutarti?